Ottanta euro su 100 bruciati in stipendi e corruzione L’Italia ha donato 3 miliardi per la cooperazione tra il 2008 e il 2013.
SANDRO CAPPELLETTO Pubblicato su LA STAMPA il 30/01/2017
AFP
OUAGADOUGOU (BURKINA FASO)
(…) Le cifre destinate all’aiuto ai “paesi in via di sviluppo” impressionano: 135 miliardi
di dollari all’anno. Nel periodo 1960-2010 la Cooperazione internazionale ha
potuto disporre di 1 trilione di dollari. Come se, per mezzo secolo, ogni cittadino
dei paesi donato
ri abbia contributo per 100 dollari ogni anno.
Dal 2008 al 2013 l’Italia ha stanziato per la cooperazione 2,9 miliardi di euro e
figura al quarto posto, dopo Germania, Francia e Regno Unito, tra i paesi
donatori europei.
Tuttavia, mentre la quota stabilita dall’Ocse per gli aiuti allo sviluppo è lo 0,7% del
Prodotto Interno Lordo, noi ci fermiamo allo 0,16%.
Il problema non è la quantità di denaro disponibile, ma l’utilità della spesa, se
negli ultimi trent’anni i paesi più dipendenti dagli aiuti hanno registrato tassi dicrescita negativi: -0,2%.
Secondo lo Human development report dell’Onu l’Africa subsahariana, dove si
concentra la gran parte dei p
aesi beneficiari dei progetti di cooperazione,
rappresenta oggi un terzo della povertà mondiale rispetto a un quinto del 1990.
Circa l’80% delle somme stanziate finanzia il funzionamento delle strutture, o si
perde per strada per quella che i professionisti del settore chiamano, con un
eufemismo, la “volatilità”: la c
orruzione, o la non disponibilità ad abbassare il
proprio tenore di vita.
Quattrocentomila euro l’anno era l’affitto pagato a Roma per una villa sull’Appia
Antica dal nigeriano Kanayo Nwanze, presidente dell’Ifad, l’agenzia dell’Onu che
ha come missione quella di sradicare la povertà. Ma in un mondo in cui
aumentano, contestualmente, diseguaglianze, conflitti e profughi – 60 milioni
solo nel 2016, la cifra più alta mai registrata – esistono alternative alla
cooperazione?