PAPA LEONE XIV: benvenuto!

HABEMUS PAPAM

Il 267° successore di Pietro si chiama Leone XIV. Il nuovo Vescovo di Roma ha colpito prima il silenzio disteso, un desiderio e grazia, quasi la Chiesa intera trattenesse il fiato insieme a lui. Poi il gesto di saluto, a due mani, accompagnate dal sorriso. Le prime parole, infine: «La pace sia con tutti voi». Ed è allora che Robert Francis Prevost, il nuovo Papa, è apparso invocando e augurando: «Sia una pace disarmata e disarmante, umile, che proviene da Dio, che ci ama tutti incondizionatamente». Che sorpresa.

 E quale straordinaria prova di comunione, dai cardinali in Conclave. Come la nascita di ogni vita cambia il senso del mondo – rendendolo sempre diverso: Un Papa viene da un’elezione, certo, ma è più di un eletto.

È un’epoca che si apre, un respiro che si rinnova. I cardinali con il loro voto segreto hanno scelto un uomo, agostiniano nato a Chicago e missionario in Perù, e con lui hanno convocato anche il mondo e le sue attese disilluse, le tante domande senza risposte. Nella voce calda del nuovo Papa pare di avvertire questo carico immane, insieme alla consapevolezza di un totale servizio per risvegliare le coscienze – quanto ne abbiamo bisogno.

In meno di ventiquattro ore. In questo tempo sempre più frammentato e irrisolto  la Chiesa ha sentito di non poter restare per troppo tempo senza padre. Questo tempo nuovo si apre, gravido di attese, è anche grazie al sentiero tracciato in assoluta continuità di sostanza dagli ultimi papi. Leone ci ha anche ricordato, ancora una volta, che al centro della fede, prima di ogni agire, c’è l’incontro con il mistero del Dio fattosi uomo: il Vescovo di Roma è anzitutto colui che conferma nella fede i fratelli, e lo fa guidando la barca di Pietro. Lo Spirito, ne abbiamo avuto conferma ieri, sa parlare anche attraverso la sorpresa. E la sorpresa, nella Chiesa, è spesso il modo in cui la speranza si fa carne: una speranza che sorprende. In un tempo logorato dalla prevedibilità e in cui l’algoritmo anticipa la parola, il Papa non è una predizione: è una chiamata. A volte scomoda, sempre radicale. È l’inizio di qualcosa che ancora non capiamo, ma che – se sapremo ascoltare – ci aiuterà a vedere. Ci sono riforme, il Sinodo da completare e il Giubileo da celebrare. E ci sono le attese del mondo, che solo dieci giorni fa ha visto i cosiddetti “potenti” riuniti a Roma. Un mondo così diviso, lacerato e rigonfio di violenza. Un mondo impaurito che pare avere un gran bisogno di un Papa. «Senza paura», ha ripetuto due volte Prevost.

Ciascuno si aspetta qualcosa da una delle poche autorità morali rimaste in quest’epoca senza autorevolezza. Ma le domande dipendono dagli sguardi che le accompagnano. E non sempre sono sguardi limpidi, anzi, troppe volte interessati, “sguardi di sorvolo” che proiettano etichette, categorie o richieste improprie. Forse conviene assumere il vedere dritto dei semplici, più che quello di chi già sa o crede di sapere. E fidarsi.

Nel bel mezzo del Giubileo della speranza la Chiesa riprende a camminare accanto al suo Papa, questo conta. Noi ci siamo, papa Leone XIV, confidiamo di esserne degni. In te, come sempre, ci è dato Pietro. In te, come sempre, ci è chiesto di ricominciare, da quell’Ave Maria recitata insieme.